NON VOLTARTI
- Ilaria Palazzini
- 26 apr 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Vi ricordate qualcosa del vostro primo giorno di scuola? io ricordo il grembiule bianco stirato perfettamente, i calzettoni al ginocchio con le scarpe alla bebe' e le code alte sorrette da qualche mollettina colorata.
Ricordo di essere scesa dalla macchina velocemente, lo zaino era piu' grande di me, vuoto e pronto ad essere riempito di sapere, una folla di genitori con macchine fotografiche annesse creava un terribile ingorgo all'ingresso, non volevo che i miei nuovi amici notassero subito che ero diversa, i miei genitori non mi hanno accompagnata tendendomi ognuno una mia manina, mi hanno osservata da lontano, da due punti differenti e distanti, non sapevo a chi sorridere prima di chiudermi la porta della scuola alle spalle, cosi' decisi di non voltarmi, di non scegliere, e sorrisi alla maestra Elena, mi piaceva il suo nome e poi somigliava a Biancaneve, la protagonista delle mia fiaba preferita.
Scegliere non e' semplice, non scegliere e' ancora piu' difficile, spesso nella mia infanzia ho preferito rimanere nell'incertezza, non prendere posizioni, non espormi troppo, optavo sempre per terreni sicuri, strade piu' ovvie, difficilmente rischiavo e questo crescendo e' diventato un mio grandissimo limite: la situazione che stavo vivendo in casa mi insegnava a non sbilanciarmi e soprattutto a non schierarmi, non avrei mai potuto preferire un genitore all'altro anche se inizialmente erano talmente arrabbiati da tentare di avere la meglio l'uno sull'altro e quindi di accaparrarsi l'amore del figlio, come se si fossero dimenticati che un figlio ama incondizionatamente un genitore a prescindere da tutto, a cinque anni un figlio vede due eroi, non due persone adulte, immagina di essere un cucciolo da proteggere, non da esporre al gelo delle scelte "da grandi". Li ho perdonati, lo so, leggendo le mie parole non sembrerebbe cosi' ma proprio perche' ne parlo posso ammettere di averli finalmente giustificati, e di aver compreso che finche' non si prova ad amare non si puo' capire cosa significhi odiare: quando ho sperimentato i primi amori, e poi i primi fallimenti, ho iniziato a capire che cio' che io credevo essere un sentimento eterno ed imprescindibile non lo era affatto, una scoperta al quanto ovvia adesso, ma non allora, non per quella bambina che non ha avuto il coraggio di voltarsi e scegliere a chi sorridere.
Quel giorno, quando sono entrata in classe ho subito contato quanti fossimo, nove, solo nove bambini, praticamente una piccola famiglia, ero al settimo cielo, finalmente un posto nuovo e felice, ricordo che al tempo se ne sentivano poche di famiglie allargate o di separati e cio' che temevo di piu' era che fossi io ad averne il primato, ed infatti fu proprio cosi', "ma che importa?" potreste pensare, ma a me interessava eccome, chi mi avrebbe capita davvero? e poi, sarei diventata la problematica della classe? io non ero diversa, io non avevo scelto. Le maestre notarono subito il mio malessere, tanto brillante quanto riflessiva, alternavo momenti di gioia a momenti di grande malinconia, non avevo i giusti supporti, ero troppo piccola per "se vuoi una mano cercala in fondo al tuo braccio", io non sapevo nemmeno leggere! La scuola mi ha curata, mi ha riempito lo zaino di fazzoletti per asciugarmi le lacrime, mi ha insegnato a distinguere e poi a scegliere, a pensare e decidere, e cosi' sono passata da silenzi e assenzi a monologhi e dissenzi, volevo dire la mia, soprattutto quando non mi veniva chiesto; crescendo sono riuscita ad equilibrare le cose e a scegliere cio' che ritenevo piu' giusto, non e' stato semplice, ma e' stata una fortuna imparare a farlo anche e soprattutto in risposta a chi ti chiedeva a quale genitore volessi piu' bene, a chi fossi piu' legato e con chi preferissi stare.
Non si nasce istruiti, non si e' mai stati genitori prima e non si ha mai avuto a che fare con un figlio, i ricordi della nostra infanzia sono pochi e sbiaditi e ci troviamo di fronte a due occhioni bramosi di sapere, conoscere, un'innocenza infinita che desidera mantenere le abitudini e gli equilibri che rendono saldi la propria felicita': non e' forse questo cio' che chiedono i nostri figli? stabilita', i bambini si innervosiscono quando viene cambiato qualcosa nella propria routine, che si tratti della pappa o del sonnellino, della solita passeggiata o dell'attivita' pomeridiana, le fondamenta della sua vita sono nell'isola felice della famiglia e delle sue scelte e se questa cede crolla tutto, o quasi. Crolla cio' che vuoi far crollare, a quel famoso bivio di cui parlano gli psicologi infantili, mi ci sono trovata anche io, potevo sfogare la mia rabbia in due modi: male o bene, e li non puoi non scegliere, non puoi tirarti indietro, io ho deciso per il bene e devo ammettere che e' stata la scelta piu' coraggiosa che io abbia mai fatto (tenendo conto dell'eta').
E' stato altrettanto importante praticare uno sport ed innamorarsi a tal punto da farlo divenire una passione, ho imparato a fare squadra, ma anche a trovare la famosa "mano in fondo al mio braccio" per cadere e rialzarsi, cadere, rialzarsi e riprovare, la danza mi ha fatto divertire, mi ha fatto provare l'adrenalina forte e vera, mi ha fatto piangere per il dolore ai piedi nelle punte di gesso e per la commozione del saggio di fine anno; ricordo bene un pomeriggio, mancavano poche ore allo spettacolo ed il bellissimo teatro Petrarca era ancora vuoto, mi sono seduta in mezzo alla platea ed ho alzato lo sguardo, sono stata rapita dagli affreschi della sua maestosa "cupola" e mi sono sentita piccola piccola (effettivamente avevo appena sette anni), ed ho iniziato ad immaginare e sognare la mia vita danzante, sperando di poter rendere i miei genitori degli spettatori affascinati.
E' impressionante quanto io facessi le cose per compiacere i miei genitori, quanto scegliessi in base alla loro serenita', calcolavo le soluzioni migliori per evitare il loro incontro e se qualcosa andava storto ero subito pronta con il piano B,C,D e senno' un bel mal di pancia improvvisato e tutti a casa, temevo di vederli insieme e di sentirli discutere, inventavo un sacco di bugie (a fin di bene, capitemi) ed il loro confronto avrebbe potuto smascherarmi e quindi avrei finito il tutto creando solo altri litigi, che casino! Ogni volta mi promettevo di smetterla e di dire la verita', per quanto brutta potesse essere, ma non ci riuscivo, dovevo mentire e vederli sereni, e poi, mi dicevo :"se una bugia porta ad un sorriso non sara' poi cosi' cattiva come cosa no?", ma che potevo capirne, facevo questi ragionamenti con una bambola in una mano ed un quaderno in un'altra, i miei pensieri non si fermavano mai, nemmeno per giocare a Barbie. E cosi' ho scelto sempre cio' che sicuramente li avrebbe tranquillizzati, un po' per loro ed un po' per i miei fratelli, non certo per me: non ho mai cercato compassione, tenerezza per carita', sto scrivendo tutto questo oggi perche' un domani possa ricordare e non ripetere gli stessi errori, e soprattutto per non permettere mai a mia figlia di imitarmi e per insegnarle a scegliere sempre cio' che rende felice lei e non gli altri.
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