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ULTIMO BANCO A SINISTRA

  • Immagine del redattore: Ilaria Palazzini
    Ilaria Palazzini
  • 6 apr 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

Sono sempre stata una studentessa modello, con ottimi voti e ben voluta da tutti i professori, l'amore per lo studio e' nato subito ed in maniera forte, leggere e capire era diventata la mia migliore valvola di sfogo e la scuola era la famiglia di cui avevo bisogno in quel momento cosi' strano e difficile per la mia tenera eta'.


Quando i miei genitori si sono separati avevo appena cinque anni e mezzo, a settembre avrei iniziato la scuola e sarebbe successo proprio per il giorno del mio sesto compleanno, il tredici settembre: avevo tante aspettative, mi vedevo gia' con il mio grembiulino ricamato e lo zaino colmo di libri correre verso la porta di quel grande edificio che mi avrebbe arricchita e "riempita" di sapere... Ero una bambina molto curiosa, non vedevo l'ora di sperimentare nuove situazioni ed occasioni, fare nuove amicizie e conoscere le maestre. Poi, pochi giorni prima del fatidico primo giorno di scuola, i miei genitori hanno deciso di far crollare il loro matrimonio: ero solo una bambina, non mi rendevo conto dei motivi, delle giustificazioni, vedevo solo la mia famiglia sfaldarsi, mattone dopo mattone crollare giu', ed insieme a questo crollo, alla televisione passava incessantemente l'immagine di due torri enormi sbriciolarsi a terra tra le urla, ebbene si, era proprio l'undici settembre 2001. Inutile dire che quel giorno mi sono sbriciolata anche io, ricordo di essermi improvvisamente trasformata, ma non agli occhi delle persone, per loro risultavo sempre la solita bambina brillante e sorridente, anche se dentro in realta', urlavo. Urlavo per me, urlavo per il mio fratellino di soli sedici mesi, troppo piccolo per capire che il nostro futuro sarebbe cambiato per sempre, ed infatti si limitava a non lasciarmi mai la manina e a chiamarmi incessantemente: "tata, tata", ed io correvo da lui, perche' se c'era una cosa che mi ero promessa, era quella di non far comprendere e sentire al mio fratellino tanta sofferenza.

Gli anni a seguire sono stati difficili, la scuola mi aiutava a buttar fuori tutta la rabbia che nascondevo, i miei temi erano dei veri e propri sfoghi a cuore aperto e la danza mi rendeva una farfalla leggera e mi faceva volteggiare felice, nonostante l'Ilaria di sempre non esistesse piu', e piano piano cominciavo a capire, a reagire, a costruire la nuova me, tassello dopo tassello, cercando di rimettere a posto le biglie dei ricordi e dei pochi bei momenti che mi erano rimasti in testa.

Cresci, cresci subito, butti via le bambole ed impari a "sostituire" la mamma quando devi andar a casa del babbo per il week end e per le vacanze al mare, senza che nessuno ti dica niente, tu lo fai, perche' hai delle responsabilita', devi alleggerire la situazione, devi gestire una rabbia che non ti appartiene, un'ira adulta e poco lucida e che purtroppo non si rende conto dei buchi che lascia nel cuore di chi la subisce e la vive. Il peggio e' arrivato con l'adolescenza, un'eta' complicata gia' di suo, figuriamoci con un divorzio aperto: non me ne facevo proprio una ragione, mi chiedevo continuamente perche' fosse successo proprio alla mia famiglia, mi chiedevo se fosse stata colpa mia, mi chiedevo come avrei mai potuto spiegare al mio fratellino che avevo fatto il possibile, che le avevo provate tutte, inventato finti incontri e regali ma che l'amore non si compra e non si scambia, ed io che non potevo proprio perdonarmi una sconfitta simile.

Dopo anni, dopo essermi messa in gioco ed analizzata ben bene, mi sono perdonata, perche' la prima cosa importante da fare era proprio quella di chiedermi "scusa" per essermi addossata colpe non mie, quella non era la mia storia, ne facevo parte ma non avevo deciso proprio niente del suo andamento e trasformazione.

La mia vita scolastica pero' non ha mai subito, non ha mai risentito di questi miei cambi d'umore, ero sempre il giullare della classe, fino al primo anno di universita': gli attacchi di panico mi rendevano una persona "strana", poco comprensibile e terrorizzata da tutto e tutti, mi sentivo in una bolla di sapone, ovattata in un mondo a parte, fluttuante, ecco, per la prima volta nella mia vita mi sentivo ko, qualcuno o qualcosa mi aveva tolto la voglia di reagire e di essere positiva, vedevo tutto nero, chi ci e' passato sa di cosa parlo. Ho combattuto contro gli attacchi di panico fino a qualche mese fa, sono circa quattro anni che convivo con quel timore di cadere, di non riuscire a percepire, di ricrollare, poi per fortuna ho trovato la mia cura, il mio compagno, e poi successivamente la mia bambina, quindi la mia famiglia, che mi hanno salvato la vita.

Io dico sempre che "siamo il risultato di cio' che ci hanno fatto vivere, un risultato variabile pero' con cio' che vivremo" , penso che questa fase riassuma davvero la mia vita, per anni sono stata una persona che si e' adattata alla situazione, alla drammaticita' dei fatti, poi sono crollata perche' non resistevo piu' in quel ruolo, e poi mi sono rialzata ascoltandomi e inseguendo i miei sogni e progetti. Lo so, ce ne sono a migliaia di storie come le mie, c'e' anche molto peggio purtroppo, pero' ognuno e' chiamato a vivere la sua vita, a trovare soluzioni e a reagire in quella data situazione e per me, sinceramente, pensare a chi stava peggio non e' mai stato un gran modo per uscirne.

L'ultimo banco a sinistra rappresenta la "me" sofferente, quella timida, quella fluttuante e poco comprensibile, quella che non riusciva a tenere lo sguardo e a superare un esame senza prima essere diventata paonazza, quella che aveva iniziato ad avere paura a prendere un treno, a guidare la macchina e a fumare una sigaretta da sola, quella che dopo anni da studentessa fuori sede ha deciso di rientrare nel suo porto sicuro, a casa dei genitori, quella che non riusciva a presentarsi ad un appuntamento perche' si sentiva inadatta, quella che non voleva mai rimanere sola per paura di cadere e di non essere aiutata, l'ultimo banco a sinistra ero io. Non mi riconoscevo proprio, ero passata da una persona brillante, sempre pronta, attenta, seduta nelle prime file, ad una persona piena di paturnie e problemi, ecco se dovessi identificarmi con un colore direi una persona grigia.

Oggi finalmente sono una persona nuova, sono libera e felice, libera da quella ipocondria terribile, serena ed occupata, ho vinto le mie paure e ho ripreso la mia vita in mano una volta per tutte, decisa a non far scegliere piu' niente e nessuno al posto mio. L'unica sfida che devo ancora vincere e' quella di terminare il mio famoso percorso di studi, dopo gli ultimi esami svolti con il pancione, non ho piu' avuto il tempo e forse anche il coraggio di terminare: devo ammettere pero' che non vedo l'ora di entrare in aula e di vedere in che banco mi siedero'.


(immagine presa dal web)


Adesso sto scrivendo le pagine della mia storia, sto costruendo la mia famiglia e voglio scegliere io come e se sbagliare.


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