UNA DOLCE ATTESA
- Ilaria Palazzini
- 1 apr 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 16 apr 2020
Quando scopri di essere incinta immagini i nove mesi piu' belli ed intensi della tua vita, non pensi molto al dopo, a quel che verra', pensi piuttosto a come rendere indimenticabile quell'attesa, a come non farti cogliere impreparata da quel fagiolino che sta crescendo dentro di te, non pensi che qualcosa possa andare storto, o per lo meno, non pensi possa succedere proprio nella tua splendida gravidanza.

(immagine presa dal web)
Quando ho scoperto di avere il diabete gestazionale non l'ho presa molto bene, anzi, a dirla tutta ho pianto e basta, per giorni, un po' perche' non me ne capacitavo, ed un po' perche' ero preoccupata per la mia bambina, in molti mi accusavano di essere stata negligente, di aver ceduto alla gola e di aver abbondato in maniera esagerata con i dolci: un fondo di verita' c'era, quando addentavo quelle ciambelle super caramellate ero felice, avevo deciso di assecondare ogni mia voglia e desiderio, ogni mio capriccio e cambio d'umore.
Oggi, a distanza di otto mesi dal parto ho tutta un'altra visione della cosa, ho capito che non era colpa mia, e che il diabete volteggiava felice nella mia famiglia da secoli, quindi, diciamo che ero un po' predestinata. Inoltre ho approfondito il caso con la psicologa del consultorio della mia citta' ed e' emerso un fatto strabiliante: lo stress innalza l'indice glicemico, il mio stato d'animo non aiutava affatto la mia situazione, bensi' la danneggiava drasticamente; il mio trascorso, il mio albero genealogico scombussolato e poco sereno (un giorno vi raccontero' anche questa storia), parlavano chiaro ed e' li' che ho iniziato ad investigare sui miei avi ed e' li' che ho scoperto che tanti di loro erano malati di diabete, alcuni hanno addirittura perso la vita a causa di questa patologia.
Ma torniamo a maggio 2019, a quando ho varcato per la prima volta la porta del reparto di diabetologia, terza scala, stanza X: in sala d'attesa tantissime pance, tantissime donne che mi hanno sorriso con una solidarieta' mai trovata fino ad allora (si, perche' nonostante si pensi che le donne in stato interessante siano super coccolate e rispettate, spesso non e' cosi'). Si notava che ero nuova, mille documenti in mano, una faccia sconvolta e una fame da matti (mi ero gia' autoimposta una dieta piu' sana ed equilibrata, alias non mangiavo niente);
Accettazione fatta, mi attendeva la parte peggiore, quella della visita e della bilancia, ed infatti non ando' bene, la dottoressa mi parlo' chiaramente e senza mezzi termini, avevo preso troppi chili per essere al settimo mese di gravidanza e la mia glicemia a digiuno era terribilmente alta, "quindi che si fa?" , prima una bella dieta monitorata con i nostri cari amici sticks pungi-dito come li chiamavo io, poi tanto movimento, e poi, "i risultati ci sono, non ha preso altri chili ma, la glicemia continua ad essere troppo alta a digiuno, iniziamo con l'insulina".
Avete presente quando la mamma ti dice che non andrai a quella festa per cui ti eri gia' organizzata, preparata, imparruccata? bene, aggiungeteci anche un bello schiaffo a mano piena con l'anello di Nonna (terribile), guardate sotto alla cinquina, ecco quella ero io davanti alla dottoressa nella stanza X, diabetologia, terza scala. Non ci potevo credere, mancavano solo quattro settimane alla data presunta del parto, avevo fatto di tutto per evitare l'insulina e quindi l'induzione alla quarantesima settimana, e poi, se avesse fatto male alla mia bambina? chi mi avrebbe aiutata ad iniettarla? io a mala pena mi vedevo i piedi. La risposta a tutte queste domande la trovai in me stessa, la sera era diventato il mio momento preferito, era come una sfida con me stessa, sapevo che potevo farcela e che cosi' la mia creatura sarebbe stata al sicuro ancora per un po', quindi ago alla mano e via, cosi' per un mese, pregavo nascesse senza induzione, ognuno mi diceva la propria opinione (nonostante nessuno l'avesse chiesta- ma perche' lo fanno?!-) e temevo il ricovero del venticinque luglio come temevo l'anello di nonna in faccia, ed eccoli la, sia il ricovero che l'anello in faccia.
"Dai, faremo veloce, tempo due o tre ore e abbraccerai la tua bambina", ok, possiamo evitare pronostici con me? post it da aggiungere ai miei promemoria; Matilda e' nata dopo diciannove ore di travaglio, un travaglio tutto sommato intenso ma indimenticabile, il mio compagno, Giulio, e' stato veramente formidabile, mi ha trasmesso la forza di cui avevo bisogno e gliene saro' per sempre grata. Purtroppo non mi sono risparmiata nemmeno l'emorragia finale post parto a causa appunto dei numerosi tentativi di induzione etc... ho avuto paura, forse per la prima volta nella mia vita ho temuto davvero di morire, non capivo bene cosa mi stesse succedendo, vedevo solo medici ed ostetriche che scrollavano la testa davanti a questo caso cosi' strano, "questa poverina ha addirittura la glicemia bassa, datele una barretta di cioccolata! Potrebbe svenire", come come come scusa? mi sembrava tutta una grandissima barzelletta, il mio diabete non esisteva gia' piu', era sparito insieme al mio pancione.
Una volta in camera, erano le quattro di notte piu' o meno, ho realizzato tutto, avevo la mia meraviglia tra le braccia, attaccata al seno, ho guardato il mio compagno ed ho versato quelle lacrime che non sono riuscita a godermi in sala parto, in quel momento e' nata la mia stupenda famiglia.

Ilaria
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